LE MACERIE DEL MURO DI BERLINO HANNO PORTATO LA LIBERTA’ NELL’EST E RIDOTTO LE TUTELE SOCIALI NELL’OVEST !
Oggi un’orchestra con musicisti israeliani e palestinesi eseguirà l’Inno Europeo sulle macerie del Muro di Berlino per salutare il 25° anniversario della caduta del Muro e trasmettere al Mondo un messaggio di pace, libertà universale e di democrazia dei popoli. E’ indubbio che quel 9 novembre del 1989 abbia rappresentato una data epocale tra un prima che non tornerà più e un dopo che ha mutato l’agenda globale. Nessuno rimpiange la dittatura del proletariato con le privazioni imposte dalla nomenclatura in nome di un’ideale marxista-leninista che non ha retto al cospetto della storia. Ciò premesso ricordo più Encicliche del Papa polacco cresciuto sotto la dominazione sovietica in cui si interrogava sui limiti del capitalismo come modello sociale di riferimento per l’umanità. Giovanni Paolo II non può essere derubricato come un simpatizzante comunista, ma vide prima di altri e meglio di coloro che oggi inneggiano in modo acritico alla caduta del Muro, che un capitalismo egemone sul piano mondiale, senza più contrappesi di rilievo, avrebbe esteso lo sfruttamento, indiscriminato e selvaggio, sugli uomini e sulle risorse dei paesi poveri, sancendo regole scritte con le mani dei forti per dare sempre ragione ai ricchi e ai potenti. E’ ciò che è accaduto in questi 25 anni con la finanza speculativa che ha costruito bolle col denaro di carta nei mercati borsistici internazionali occultando i soldi veri esentasse nei paradisi fiscali. Il prezzo della partita è stato pagato dal mondo del lavoro e dalle fasce più deboli della popolazione con la smantellamento dello Stato Sociale. Infatti le ricette della Fondo Monetario, della Banca Mondiale, della FED o della Banca Centrale Europea prevedono tagli ai salari, innalzamento dell’età pensionabile, meno tutele sanitarie universali, tagli al sistema scolastico, soppressione di servizi pubblici su assistenza sociale, trasporti locali e aiuti all’inclusione, riducendo i margini di autogoverno democratico delle comunità attraverso svuotamento di funzioni, cancellazioni di livello di governo e riduzioni draconiane di risorse che costringono gli amministratori dei territori o a aumentare le tasse o a cancellare i servizi. Venuto meno il contrappeso geopolitico del Blocco dell’Est che nessuno rimpiange, il capitalismo non ha avuto più bisogno di mediare col lavoro in chiave socialdemocratica nell’Ovest perché è tornato a considerare il lavoro come una merce da spostare nei paesi coi salari più bassi, meno oneri assicurativi e senza sindacati. Il lavoro ha perso valore e rappresentanza, stenta a reggere uno scontro impari e paga con una precarizzazione generalizzata che impedisce ogni contrattazione collettiva e agevola la redistribuzione della ricchezza in favore di quel 10% di italiani che detiene il 50% del patrimonio nazionale. Marchionne osannato dai più percepisce per quello che si sa 500 volte un operaio FIAT a differenza di Valletta che negli anni cinquanta rilanciò la FIAT e aveva un compenso 20 volte più alto di un proprio dipendente. I finanzieri d’assalto che hanno la residenza alle isole Cayman dispensano ricette a nome del PD, in attesa che l’ultimo testimone della sinistra italiana che ancora ricopre una responsabilità istituzionale rilevante, si allontani dal Quirinale. E a 25 anni dal crollo del Muro di Berlino si chiude la pagina italiana di una cultura politica che tra tante contraddizioni ha permesso a milioni di lavoratori e di braccianti di diventare cittadini.
Campobasso, 9 novembre 2014
Michele Petraroia