Negli anni settanta la democrazia italiana ha barcollato tra misteri, mafia, interferenze delle superpotenze, terrorismo e servizi deviati. Completata la ricostruzione post-bellica e raggiunto un buon livello di crescita economica, sviluppo produttivo ed occupazione, i cittadini si mobilitarono in massa organizzati dai partiti, dai sindacati e dal movimento studentesco per partecipare attivamente alle trasformazioni politiche e sociali che mutavano il rapporto tra le classi e rendevano più democratico l’assetto di potere ed il rapporto con le istituzioni. Il fermento di quel periodo determinava preoccupazioni crescenti a Washington, nell’Alleanza Atlantica e nelle segrete stanze degli ambienti oscuri della politica, dell’imprenditoria e degli apparati militari italiani. Gli Stati Uniti sostenevano apertamente i colpi di Stato in America Centrale, in Cile contro Salvador Allende e ovunque avessero interessi economici, confondendo artatamente la guerra al comunismo con la diffusione della democrazia. Preferivano imporre dittatori sanguinari che tenevano al guinzaglio pur in presenza di palesi e persistenti violazioni dei più elementari diritti civili anziché rispettare le regole democratiche. In questo scenario l’Italia rappresentava una mina vagante con la crescita dei consensi elettorali al PCI, al PSI e alle altre formazioni di sinistra tra il 1973 ed il 1976. Per gli Stati Uniti era inaccettabile una maggioranza parlamentare col PCI e già dal 1974 l’allora Segretario di Stato Henry Kissinger lo esplicitò con forza ad Aldo Moro in una sua visita a New York, tanto da indurlo a optare per un momentaneo ritiro dalla vita politica. Le scelte morotee all’interno della DC di apertura al PCI venivano avversate con determinazione e pur di bloccarne l’evoluzione non si esitò a costruire alleanze oscure con ambienti di ogni tipo com’è emerso dalle inchieste delle Commissioni Parlamentari che hanno indagato sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Il docu-film prodotto e trasmesso dalla RAI in occasione del 40° anniversario da quei giorni attesta in modo incontrovertibile che si intrecciarono commistioni tra logge segrete, servizi deviati, banche d’affari e interessi poco trasparenti, per frenare la modernizzazione del sistema istituzionale italiano imponendo dal 1979 in poi un assetto conservatore con l’esclusione del PCI da ogni possibile maggioranza parlamentare. La mafia non restò a guardare in quegli anni e fece la propria parte con una violenza inaudita alzando il tiro ed assassinando giornalisti, magistrati, investigatori, dirigenti politici e imprenditori. I rapporti tra mafia americana e mafia siciliana, le banche di Michele Sindona, il controllo di appalti e investimenti pubblici, i legami tra mafia, P2 e servizi deviati, in quel periodo si consolidarono a scapito della verità, della giustizia e della legalità. Tra le vittime di quel periodo Peppino Impastato rappresenta in termini emblematici lo scontro tra civiltà e barbarie. La brutalità con cui venne eliminato ed il tentativo di farlo apparire come un attentatore saltato in aria per imperizia, conferma il parallelismo con le pratiche seguite per occultare la verità e deviare l’attenzione sul caso Moro. Non per nulla da li a poco la mafia uccide Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Sicilia, uno dei seguaci più stretti di Aldo Moro che aveva osato aprire un confronto col PCI sul territorio pur di affrancarsi dalle frange colluse della DC siciliana. Ciò che colpisce è che ci siano voluti 40 anni per cominciare a sentire qualche voce di verità su Moro ed Impastato.
Campobasso, 9 maggio 2018
Michele Petraroia