Dieci anni dopo la grande mobilitazione popolare che impedì lo stoccaggio di migliaia di tonnellate di eco-balle napoletane a Colle Alto nella cava posta a confine tra Morcone e Sepino a ridosso del fiume Tammaro, un nuovo progetto minaccia il Parco del Matese ed il territorio della Valle del Tammaro e del Tratturo Pescasseroli – Candela a qualche chilometro dal sito archeologico di Saepinum – Altilia. Una piccola srl con sede in provincia di Napoli con poche migliaia di euro di capitale sociale si è vista autorizzare dalla Regione Campania la costruzione e gestione di un impianto di trattamento della frazione umida dei rifiuti per 22 mila tonnellate annue per un investimento di uno o più milioni di euro. Il sito scelto è nell’area PIP di SASSINORO (BN) a poche centinaia di metri dal confine col Molise ed il compost prodotto nell’impianto andrà smaltito nelle aree circostanti anche per abbattere i costi di trasporto attraverso procedure non meglio definite ma non difficili da immaginare. La scelta compiuta dalla Regione Campania è sbagliata perchè nel Piano Regionale dei Rifiuti per la Provincia di Benevento è stato già autorizzato in capo ad una società pubblica un impianto simile da realizzarsi a CASALDUNI (BN) dieci chilometri più avanti per una capacità produttiva di 33 mila tonnellate annue capace di coprire l’intero fabbisogno provinciale. Non si capisce perchè in contrasto con la pianificazione regionale viene autorizzata una società privata in concorrenza con una società controllata al 100% dalla Provincia di Benevento a insediare un nuovo impianto destinato a lavorare frazione di rifiuti umidi provenienti da altri territori della Campania ? Il sito prescelto è a ridosso del fiume Tammaro che alimenta la Diga di Morcone – Campolattaro, il grande invaso artificiale costruito con l’obiettivo di garantire il flusso idrico a buona parte della provincia beneventana. In più il comune di SASSINORO (BN) è area interessata all’inserimento nell’istituendo Parco Nazionale del Matese che mal si concilierebbe con una mega-discarica che genererebbe un traffico di automezzi in entrata e in uscita con odori, sapori e tipicità del tutto opposte a quelle poste a base dell’istituzione del Parco Nazionale. Va aggiunto che la Valle del Tammaro è attraversata dal Regio Tratturo Pescasseroli – Candela che sola la millenaria via della transumanza dalla Puglia all’Abruzzo passando per Campania e Molise. Il sito archeologico di Saepinum – Altilia dista solo qualche chilometro dall’area PIP di Sassinoro e sorge com’è noto proprio sul Tratturo, nel mentre il Parco Geopaleontologico di Pietraroja (BN) dove è stato rinvenuto il dinosauro Ciro è poco distante. Nell’area insistono Santuari che ne hanno tratteggiato l’identità coinvolgendo generazioni di fedeli in pellegrinaggi che proseguono malgrado le fragilità di una programmazione che risente della separazione amministrativa della Valle del Tammaro tra Sannio e Matese, Campania e Molise. I luoghi di Padre Pio a Morcone, Santa Lucia a Sassinoro, la Madonna della Libera a Cercemaggiore, e Santa Cristina a Sepino insieme a siti storici e culturali, ad aree protette di alto pregio ambientale e ad attrattive paesaggistiche e naturalistiche, confermano le potenzialità di sviluppo di un territorio già segnato dagli stravolgimenti scellerati dell’eolico selvaggio. Le filiere dei prodotti tipici, i flussi turistici, le attività artigianali e dell’agroalimentare di qualità, i frantoi, i caseifici, gli esercizi commerciali, la ricettività alberghiera e l’indotto che ruota intorno alle manifestazioni popolari,alle rappresentazioni tradizionali e all’agricoltura, verrebbero irrimediabilmente penalizzate dalla presenza di un impianto di trattamento rifiuti e produzione di compost alimentato da decine di camion che alimenterebbero scie sgradevoli sia in direzione Campobasso che verso Benevento. Premesso che le comunità locali si oppongono in massa a questa scelta capotica e inquietante si tratta di capire come si sostiene la lotta del Comitato Popolare sorto a Sassinoro, le iniziative intraprese dalle piccole imprese del posto a tutela dei propri diritti e le impugnative promosse dall’Amministrazione Comunale di concerto con altri soggetti ed associazioni di rappresentanza e di tutela. L’attacco portato alle terre marginali ubicate in aree poco popolate e di confine, non si fermerà solo nelle Aule di Giustizia. Al contrario il tentativo di mediazione promosso dal Comune di Sassinoro presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha sortito l’effetto opposto e consentito alla Regione Campania di pubblicare sul proprio Bollettino Ufficiale il Decreto Dirigenziale di autorizzazione. Coltivare soverchie illusioni solo sull’impugnativa al TAR Campania che si discuterà in prima udienza il 10 aprile è un errore. Insieme alle obbligate azioni giudiziarie, ai ricorsi amministrativi e ai contenziosi procedurali, occorre moltiplicare le interrogazioni parlamentari e nei Consigli Provinciali e Regionali a Napoli e a Campobasso mobilitando forze politiche, sindacati, organizzazioni professionali agricole, associazioni imprenditoriali, enti locali, movimenti di difesa della legalità, associazioni di tutela ambientale e soggetti che operano per promuovere le risorse locali, il turismo, la cultura e un modello di sviluppo sostenibile. Accanto al primo presidio popolare posto nell’area PIP di Sassinoro vanno organizzate iniziative di lotta, volantinaggi, presidi istituzionali e manifestazioni pubbliche in Molise, in Campania e a Roma. Lungo la statale 87 si potrebbero approntare punti informativi all’altezza dei due caseifici artigianali ubicati rispettivamente in territorio di Sepino e in quello di Morcone che emblematicamente rappresentano chi viene penalizzato dall’avvio dell’impianto di trattamento di frazione umida di rifiuti in quel lembo della Valle del Tammaro. Bisogna sensibilizzare i parlamentari, promuovere consigli comunali aperti, unire le forze e agire in ogni sede non lasciando sola la tenace comunità di Sassinoro che non dispone di energie sufficienti per fronteggiare con successo un attacco di queste proporzioni. Dobbiamo considerarci parte integrante del movimento di lotta e agire tutti insieme per difendere la nostra terra dall’arrivo di rifiuti che ne richiamerebbero altri in una catena negativa capace di soffocare le belle esperienze imprenditoriali avviate e di far morire sul nascere le speranze di riscatto poste nel Parco Nazionale del Matese. Non sarà semplice vincere questa volta. Chi ha attivato le procedure si è coperto bene le spalle e in tema di rifiuti in Campania non è agevole giocare nessuna partita per una miriade di ragioni, ma ciò non deve indurci a desistere o a mollare la presa. Al contrario dobbiamo seguire gli insegnamenti di una grande e bella persona di Morcone, un Vice-Prefetto che per anni ha operato a Campobasso, una figura discreta, competente e determinata, che è volata via troppo presto e che ci ha insegnato a lottare con tenacia per fermare la distruzione ambientale del Sannio ad opera degli affaristi del vento selvaggio o dei rifiuti nauseabondi. Anche a nome dell’indimenticabile Dott. Ruggero D’Addona abbiamo il dovere di intensificare gli sforzi e far capire alle persone che un popolo che lotta ha già perso. A differenza delle lotte appassionate ed unitarie che si svilupparono con successo dal novembre 2007 alla grande manifestazione popolare del 14 gennaio 2008 a Benevento, oggi i cittadini hanno meno fiducia in sè stessi e tendono ad arroccarsi in solitudini foriere di sconfitte ed umiliazioni. A chi non si arrende alle sirene di una modernità che ha riscoperto la cortigianeria, i salamelecchi e le genuflessioni, non resta che l’organizzazione di una lotta estesa, capace di reggere l’urto nel tempo e in grado di ricacciare indietro questo nuovo attacco utilizzando tutti gli strumenti democratici possibili e immaginabili.
Michele Petraroia
Il Bene Comune